Note di biografia gramsciana, e sulle vittime italiane delle epurazioni staliniane
Guido Liguori «Gramsci e lo scambio mancato», Critica Marxista, n.6, 2015, recensione di Giorgio Fabre «Lo Scambio. Come Gramsci non fu liberato», Sellerio, 2015; copia digitale reperibile a academia.edu (per comodità, copia locale).
Liguori ricorda qualche principio di cautela storiografica "mettere sullo stesso piano noi e il nostro giudizio di studiosi, le nostre conoscenze, e anche la relativa 'gratuità' delle nostre scelte interpretative, con i [giudizi dei] protagonisti delle vicende di allora, che operavano in ben altra situazione 'drammatica' e senza possedere spesso tutti i dati oggi a nostra disposizione, o forse possedendone altri – non sempre necessariamente rispondenti al vero – di cui oggi si è persa traccia.", indi i dati della vexata quaestio dei tentativi di scambio per la liberazione di Gramsci (e indica velocemente ma in modo esaustivo i documenti noti più pertinenti), poi riconosce quel che anche a me pare il merito principale del libro di Fabre: l'enfasi sul ruolo giocato -da un certo punto in poi- dall'Ambasciata sovietica a Roma nella gestione della vicenda Gramsci " uno degli aspetti più interessanti del libro di Fabre è la luce gettata sul ruolo dell’ambasciata sovietica a Roma in tutta la vicenda Gramsci. Non che molte cose già non si sapessero, ma l’autore rende disponibili informazioni nuove e organizza e sistematizza i fatti già noti, dedicando meritoriamente al ruolo dell’ambasciata sovietica una attenzione per alcuni versi inedita.", e accenna infine a un difetto obiettivo del libro, un qualche eccessivo aggiungersi di osservazioni e ipotesi non sempre in modo coerente tra di loro "[il libro è] frutto di un notevole lavoro di scavo in diversi archivi, protrattosi probabilmente per molto tempo (la qual cosa non sempre aiuta nel controllo del materiale esposto e non evita ripetizioni e, in alcuni casi, anche il rischio di interpretazioni parzialmente diverse che si accumulano nelle molte pagine.)".
La contestazione centrale di Liguori però è un altra: egli contesta che "[Fabre] part[a] dal pregiudizio [...] secondo cui Gramsci in carcere era visto dal suo partito e soprattutto da Togliatti come un nemico. Un pregiudizio che riaffiora più volte, sia pure contraddittoriamente (perché argomenti in senso contrario vengono pure portati dall’autore), nel libro e che fornisce un fastidioso timbro di fondo di tutta la ricostruzione offerta"; un pregiudizio che io però non vedo così presente nel testo di Fabre, e semmai è in Liguori che traspare un pregiudizio a favore di Gramsci (peraltro non del tutto contrario a quello attribuito a Fabre), che egli fosse inviso ("messo in cattiva luce") a Stalin per le lettere del 1926, e che questo influì sulla vicenda, una ipotesi possibile ma non così sicura.
Sulla questione del mancato scambio le mie opinioni sono che non fu mai un vera opzione -non abbiamo nessuna evidenza che fosse considerata una opzione da parte del fascismo, di fatto non ci furono mai chiari vantaggi, per nessuno dei player principali, a perseguire uno scambio- e parlarne in qualche modo distorce il racconto di come andarono le cose. In questo senso la monografia di Fabre ha un vizio di impostazione iniziale, e le varie considerazioni di buon senso di Liguori sono condivisibili. Allo stesso tempo, vi è stata sicuramente una difficoltà, un imbarazzo successivo a raccontare i dettagli della vicenda Gramsci, e qualcosa deve essere chiarito per spiegare quel successivo imbarazzo: una circostanza, degli atti e/o una qualche responsabilità deve essere accaduta che poi indussero in una lunga reticenza. Se non fu un abbandonare Gramsci in carcere in quanto ormai 'nemico' (in effetti una totale sciocchezza, anche se si assume la contrarietà di Gramsci agli sviluppi sovietici, contrarietà che comunque non è manifesta e di cui si può discutere solo se si presta massima attenzione ai diversi aspetti del particolarissimo contesto in cui Gramsci si trovava), ci deve essere comunque stato qualcosa che poi si evitò di raccontare. Su questo Liguori sorvola, e per questo, io credo, la sua recensione, per quanto in molte osservazioni del tutto precisa, mi appare un poco pedante, e meno generosa di quel che poteva/doveva, che Fabre materiali e considerazioni per capire le origini di quel imbarazzo ne ha raccolti diversi e di interessanti, mettendoli a disposizione a tutti coloro che sono affezionati alla figura di Gramsci.