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Note di biografia gramsciana,
e sulle vittime italiane delle epurazioni staliniane

Blog Storia PCI
giovedì 20 agosto 2020
(revisione: 21 febbraio 2024 22:23:28)

Höbel su Longo

Due monografie di Alexander Höbel su Luigi Longo




Alexander Höbel, Il PCI di Luigi Longo (1964-1969), Edizioni Scientifiche italiane, Napoli, 2010, con prefazione di Francesco Barbagallo

Alexander Höbel, Luigi Longo, una vita partigiana (1900-1945), Carocci Editore, Roma, 2013, con prefazione di Aldo Agosti

Al secondo testo, la casa editrice Carocci ha dedicato un ricco sito web, con risorse varie, vedi a https://luigilongoestoriapci.com/. Tra le risorse il testo dell'articolo Luigi Longo segretario del Pci (per comodità, copia locale),  apparso sul periodico Calendario del popolo, nn. 685-686 del 2004, che risulta essere un breve prologo alle due successive monografie.

Nell'insieme le due monografie di Höbel corrono per quasi 1000 pagine (oltre 600 il primo dei due volumi, su solo i sei anni 1964-1969), e nemmeno coprono tutto l'arco di vita del dirigente comunista, mancano infatti le prime due decadi del dopoguerra (e quindi per es. qualsiasi informazioni sulle reazioni di Longo all'affare Seniga e l'emarginazione di Secchia), e gli ultimi anni di vita dopo il 1969. I due volumi sono strutturati in modo simile, ricchi di informazioni e molti dettagli, e un procedere del racconto quasi mese dopo mese. Un lavoro meticoloso e per molti versi preciso. Il testo più recente risulta alla lettura più fluido, immagino per una maggiore sicurezza nello scriverlo. Qualche apparato in più sarebbe risultato utile, per esempio una cronologia degli incarichi di partito e degli spostamenti di Longo negli anni dell'esilio e della guerra. Manca un sezione iconografica.

Nel leggere i due volumi ho sofferto che la biografia sia, come dire, raccontata piuttosto che argomentata, e inoltre che sia presente solo un brevissimo capitoletto, nel volume ESI, sulle fonti usate, capitoletto di convenienza, essendo quello che include i ringraziamenti di rito. Sarebbe stata invece utile una presentazione del corpus di fonti che l'autore ha potuto consultare, quali i criteri di lettura, quali le cautele adottate per non perdersi nel resoconto di infinite discussioni del tempo (spesso in politichese in parte scontato ed effimero e in parte da decodifcare), e inoltre mancano indicazioni dei periodi ed eventi il cui riscontro nei documenti è scarso, e di quali altri fonti che sarebbe utile reperire. La ricerca di documenti è comunque notevole, anche se sbilanciata su i documenti prodotti dal PCI. 

Il primo volume, sul solo periodo 1964-1969, presenta, mediante una miriade di citazioni, quasi una cronaca della vita politica italiana come vista dalla dirigenza PCI di allora, ma incorre nel pericolo di un effetto cacofonico di dettagli e commenti ormai obsoleti in cui il lettore rischia di perdersi. Sarebbe stato utile che Höbel si fosse esposto a indicare, anche con il senno del poi, quali oggi possiamo dire fossero le tensioni e le problematiche di fondo del sistema politico italiano di allora, e avesse quindi proposto una interpretazione di come Longo ne fu più o meno consapevole, e di come si mosse, secondo quali linee di fondo, e con quali effetti, successi e insuccessi.

Per la storia del PCdI degli anni dell'esilio, esiste poi il problema di capire quanto stretta fosse l'interdipendenza con la dirigenza sovietica. Un capitoletto sulla commissione italiana del Comintern con una sintesi cronologica deile sue riunioni e interventi, e sopratutto degli interventi di Manuilskij, avrebbe aiutato a capire se e quanto alcune discussioni e scelte operative del piccolo gruppo dei dirigenti del PCdI degli anni '30 del secolo scorso furono formulate secondo indicazioni altrui, e i termini della dialettica che ci potè essere.

Una valutazione complessiva del lavoro di Höbel risulta comunque difficile per l'intrinseca difficoltà della materia. Ogni singola situazione storica in cui si collocano i successivi momenti della biografia di Longo è di per sé un contesto composto da molteplici fattori e attori, contesti di cui è assai difficile delineare una rappresentazione attendibile, equilibrata, completa ma sintetica. Difficile individuare, negli atti e nei comportamenti dei protagonisti di allora, l'intreccio di preoccupazioni, tensioni, pressioni, velleità, ideologie, conoscenze, limiti caratteriali, ecc.,  con cui, grazie a cui e per cui furono realmente compiuti, intreccio che inoltre comprese -in diversi se non in tutti i momenti e gli scenari in cui Longo operò- ambiti e aspetti taciuti, o anche del tutto volutamente nascosti (e talvolta sembra poi addirittura rimosssi). Che nel lavoro di Höbel tutto ciò sia stato preso in dovuta considerazione non è facile deciderlo. In una biografia di un singolo protagonista non si può certo pretendere che siano resi espliciti tutta la varietà di assunti, in questo caso su quasi tutti i nodi della storia politica del '900, che in qualche modo entrano in gioco a guidare ricerca ed esposizione. La mia impressione complessiva è però che Höbel non abbia avuto il gusto di soppesare tutte le possibili alternative esplicative su quali furono, nelle diverse situazioni, le scelte possibili, quali quelle poi di fatto perseguite, e quali di queste le vere ragioni, palesi, taciute o dimenticate.

Un capitolo avrei dedicato alla vita personale di Longo - la relazione con Teresa Noce, il rapporto con i figli - di cui vi sono molti cenni ma non una presentazione unitaria. Longo fu un donnaiolo, almeno così è la fama, e la Noce forse sua vittima, ma la biografia sarebbe risultata più completa con una discussione delle possibili coordinate, tra maschilismo tradizionale e una qualche certa libertà sessuale presente negli ambienti del Comintern. Qualche notizia su come Longo e la famiglia si sostenne nell'esilio, quale l'entità dell'assegno da Mosca negli anni difficili, sarebbe stata pure informazione interessante.

In conclusione, direi che sarebbe utile una nuova versione della biografia, in un unico volume, che includa anche i periodi ancora assenti, con un buon capitolo sulle fonti e una migliore ricerca di quelle sovietiche, e forse almeno un paio di capitoli tematici: uno sul lato privato e forse maschilista, uno sulla dualità con Togliatti; e infine sarebbe utile uno stile espositivo con qualche tratto agiografico in meno e qualche discussione in più su come interpretare limiti, meriti e responsabilità delle scelte reali di Longo nei diversi scenari in cui operò.

Un commento finale. La vicenda politica e umana di Longo risulta straordinaria sotto molti aspetti, e forse più di tutto per quella poliedrica capacità di saper svolgere un ruolo adatto nelle diverse situazioni: da comanandante militare su i campi di Spagna e della Resistenza, a politico nel parlamento della Repubblica. Colpisce il profilo caratteriale, quella certa sensazione di calma e pacatezza che emana dai ricordi di chi lo ha conosciuto, la capacità di attendere lo sviluppo degli eventi anche meno favorevoli apparentemente senza ansie e timori, leggermente in seconda fila, senza pretendere onori particolari. Nella storia del PCI ci sono sicuramente pagine oscure, e Longo può/deve aver avuto la sua porzione di responsabilità, ma la sua figura storica suscita sicuramente simpatia.

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Ho sfogliato i due ampi volumi per cercare lumi su alcuni momenti della storia del PCI, oltre ovviamente che della militanza di Longo. In particolare su i seguenti:

  • la discussione svoltasi tra il 1927 e il 1930, tra i dirigenti del PCdI sulle prospettive politiche da promuovere. Höbel ricostruisce la discussione, che fu palese, in documenti, mozioni e lettere, e che contrappose Longo e Secchia, allora come dirigenti della federazione giovanile, a Togliatti e altri, ma che non arrivò mai al punto di rottura. Anzi il racconto d Höbel narra bene come una qualche equilibrata complementarietà si formò tra Longo e Togliatti, un equilibrio che poi resse per decenni, fino al 1964 e potremmo dire perfino oltre.

    Capire termini e ampiezza della discussione è importante anche per chiarire alcuni momenti della biografia di Gramsci, che proprio tra il 1930 e il 1931 ebbe i suoi problemi con gli altri reclusi a Turi a discutere di prospettive per l'Italia dopo la sperata caduta del fascismo. Sarebbe interessante capire se Gramsci a Turi ebbe notizia dei precisi termini della discussione FGCI-Togliatti (usò la stessa terminologia?), ebbe visione di qualche documento, e si espresse volutamente per intervenire nel dibattito.

  • l'esperienza di Longo della realtà sovietica, per quanto direttamente vissuta negli anni di permanenza a Mosca (1932-1933), come rappresentante del PCdI al Comintern, nei primi anni del definitivo consolidamento del potere di Stalin. Essendo questi gli anni dell'avvento di Hitler, e delle prime aperture di Mosca a politiche di intesa con altre forze politiche (come spesso si riassume, dalla politica del socialfascismo a quella dei fronti popolari). Höbel si concentra su come Longo contribuì alla nuova politica, che Longo discusse in lettere con Togliatti ampiamente citate da Höbel. Come noto, questo passaggio è stato un punto topico della autorappresentazione del PCI nel dopoguerra (vedi il post sul togliattismo anni '80), e Höbel inquadra le note su Longo in quella intepretazione canonica. La questione andrebbe però ridiscussa sulla base delle difficoltà di quella interpretazione. Rilevante una omissione, o mancata curiosità, di Höbel: in URSS quelli furono anche gli anni della prima čistka,  la prima - per ora incruenta - purga degli iscritti al PCUS, che coinvolse anche la piccola comunità di emigranti politici italiani in URSS, e a cui, per quei due/trecento militanti, Longo dovette sicuramente sopraintendere. Non sembra che Höbel abbia cercato documenti al riguardo (ma qualcosa negli archivi del PCdI si trova), e niente ne dice; e similmente non si sofferma nei successivi capitoli alle reazioni, e/o ai silenzi, di Longo su gli eventi delle grandi purghe terroristiche, nel 1937-1938. Una omissione francamente censurabile. Per quanto leggo, Longo lasciò l'URSS alla fine del 1933 (UPDATE, partecipò alla riunione della Commissione italiana della fine del 1935) e vi tornò solo dopo la fine della seconda guerra mondiale; un certo numero di indizi suggerisce che forse capì che non era aria di tornarci prima.

  • il senso profondo dell'esperienza di Longo ispettore delle Brigate internazionali nella Spagna della difesa della Repubblica contro Franco. Höbel sottolinea il comandante tenace, generoso, popolare e 'unitario'. L'esperienza delle Brigate internazionali fu certo entusiasmante, ma anche attraversate da numerose e ben note tensioni, tra cui ovviamente quella suscitate dalla presenza via via maggiore dei sovietici. La storiografia sulla guerra di Spagna è molto ampia e purtroppo io ne ho scarsa conoscenza, non saprei quindi dire se il racconto offerto da Höbel, alla prima lettura piuttosto agiografico, sorvola su questioni controverse, o se risulta comunque complessivamente attendibile. Sarebbe stato forse utile confrontare meglio le presenze in Spagna di Longo e di Togliatti, e fornire elementi per capire se e come esse rivelano differenze nel loro operare, e nelle loro relazioni, da una parte, con la dirigenza sovietica e, dall'altra parte, con le altre forze e personalità antifasciste italiane. Tra le tante osservazioni di dettaglio, Höbel liquida in una riga la vicenda di Pacciardi (pag. 258 del volume Carocci), che forse avrebbe meritato una attenzione maggiore, anche solo per fornire elementi utili per capire quali possano poi essere state le relazioni, anche personali, nel dopoguerra italiano, Pacciardi ministro della difesa 'atlantico', Longo silenzioso numero due del maggior partito comunista in un paese 'occidentale'.

  • le contorte vicende dei comunisti italiani nella breve ma significativa stagione del patto Molotov-Ribbentrop, e della neutralità sovietica. Höbel dedica un bel capitolo ai quattro lunghi anni dal rientro di Longo in Francia dalla Spagna, prime settimane del 1939, fino allo scambio tra regime di Vichy e polizia fascista all'inizio del 1942, e poi ai giorni al confino a Ventotene fino alla liberazione dopo l'8 settembre italiano (volume Carocci, capitolo 9, L'unione popolare, Il Vernet, Ventotene (1939-43), pag.273-301). Sono anni ovviamente assai complessi, per cui è obiettivamente difficile capire quali erano gli spazi di azione, quali le alternative reali, quali le scelte che furono realmente compiute, e quelle che l'incalzare degli eventi evitò di dover prendere. Höbel accenna intanto allo scioglimento del CC del PCdI, a Mosca nell'estate del 1938, e mi sembra indichi che Longo non fu coinvolto. Nei primi mesi del 1939, in Francia si svolge la vicenda, nota ma non notissima, dell'Unione Popolare, della discussione sulla proposta del governo francese di Daladier di arruolare i fuoriusciti italiani nelle forze armate francesi, della rottura tra gli antifascisti sul patto Molotov-Ribbentrop, rottura che fu anche tra i comunisti, vedi per esempio il significativo dissenso di Romano Cocchi (vedi post) che poi morirà a Buchenwald. La questione sottointesa è se la faticosa ricerca di una unità d'azione antifascista tra gli esuli italiani, anche al fine di una azione armata coordinata, fu compromessa dai comunisti italiani per obbedienza alle ragioni moscovite, questione complessa che andrebbe studiata considerando sia che cosa fecero gli altri in quei frenetici frangenti sia ovviamente le complesse vicende francesi (per es. quali i tempi del formarsi della rete della resistenza francese, quali italiani vi aderirono, e quando, e come). Höbel dettaglia il contributo alla discussione sulla proposta Deladier di Longo, sostanzialmente a favore (Grieco sarebbe stato più cauto), e ricorda anche la testimonianza di Valiani che Longo si sarebbe arroluato nella Legione Straniera (volume Carocci, pag. 279, testo di Valiani riportato in nota), aneddoto non so quanto attendibile, ma che mostrerebbe che in Longo l'antifascismo sarebbe stato sempre prevalente sul filosovietismo. Come molti altri, Longo fu comunque arrestato dai francesi, nell'agosto 1939, e recluso nel campo di Vernet, il che forse gli evitò di esporsi troppo a favore della posizione sovietica (di Longo non sembra vi siano adesioni esplicite al patto Molotov-Ribbentrop  simili a quelle di Togliatti nei fogli delle Lettere di Spartaco, vedi post). Il capitolo racconta con precisione le vicende della reclusione (che fu con soluzioni di continuità) e le iniziative per ottenere la sua liberazione, compreso l'intervento della diplomazia sovietica (a Longo a un certo punto sembra sia stata concessa la cittadinanza sovietica). Nel complesso mi sembra che si possa dire che Longo da una parte si mosse per rimanere vicino ai compagni reclusi e dall'altra parte che evitò, pur avendone sembra le possibilità, sia di espatriare in URSS sia di entrare in clandestinità. Dopo l'attacco nazista all'URSS si realizza lo scambio tra regime di Vichy e polizia fascista, Longo torna, di forza maggiore, in Italia, inizi del 1942, destinato infine al confino a Ventotene, dove come noto ritroverà, tra i molti altri, Secchia. (Höbel pubblica interessanti documenti di polizia fascista su i vari passaggi del trasferimento, diversi a firma Leto, l'eminenza grigia della polizia politica fascista che probabilmente aveva pure gestito gli ultimi anni della vicenda Gramsci).

  • la comprensione della vincoli di Yalta, ed entro quali limiti poteva agire il PCI nell'Italia della guerra fredda. Durante gli anni della segreteria Longo la netta divisione dell'Europa si affievolì, o apparve affievolirsi, grazie a diversi episodi: il ritiro della Francia dal comando militare integrato della NATO (1966), la breve Primavera di Praga (Gennaio-Agosto 1968), la Ostpolitik di Brandt (1969-1974). Capire se e quali spazi di azione si aprivano per il  PCI non fu facile. Come si mosse Longo, come riuscì - se riuscì - a tenere la barra dritta? Alcuni nel PCI forse pensarono che la 'discriminazione' subita nel 1947 potesse essere superata (ma così non era). Longo pure? Come comprese quali erano gli spazi massimi di manovra, e semmai verso quali direzioni? Nel volume ESI, trovo interessante la ricostruzione di come Longo giocò, nel 1964, la carta dell'elezione di Saragat alla Presidenza della Repubblica appunto per uscire dalla 'discriminazione', ma non risulta poi chiaro dall'esposizione di Höbel se Longo -e il PCI anche oltre Longo- si mosse per contrastare o meno l'unificazione socialista, il cui fallimento segnò, credo si possa dire, il fallimento della presidenza Saragat (e quindi in un qualche modo del contributo di Longo a quella elezione?).

    Dalla esposizione di Höbel non è poi chiaro come egli valuti l'effetto del sostegno di Longo a Dubček, e come la fine violenta della primavera di Praga si rifletté sulla segreteria Longo: rafforzandola o indebolendola? Similmente nel resonconto degli incontri con la SPD, la cui novità fu certo importante, Höbel non elabora su come e perché essi non proseguirono verso forme di coordinamento permanenti.

 


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