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Note di biografia gramsciana,
e sulle vittime italiane delle epurazioni staliniane

Domande biografiche

scritto da mario il 9 luglio 2019 19:19:59; ultima revisione: 6 luglio 2021 19:34:22
Biografia
Questioni e circostanze, 1926-1937

(UPDATE Luglio 2020. Ho corretto e/o completato alcune informazioni, grazie sopratutto alla lettura degli articoli raccolti in Gramsci nel movimento comunista internazionale, a cura di Paolo Capuzzo e Silvio Pons, Carocci Editore, Roma, 2019)

Nei seguenti punti ricordo alcuni passaggi della vita di G., indicando ciò su cui vorrei avere maggiore conoscenza e comprensione.

Pur non credendo che la vita di G. presenti retroscena nascosti o misteri da svelare, per la sua biografia -politica e personale- diversi momenti sono sicuramente ancora oggi meritevoli di una migliore analisi, in particolare per capire sia la configurazione delle sue convinzioni, idee e propositi nelle diverse contingenze, sia il reale contesto in cui agì (e patì), sia infine le reali intenzioni e possibilità nei suoi confronti di coloro che furono, nei diversi ruoli, coinvolti nella sua vicenda.

Interessante sarebbe poi ricostruire quando, grazie a chi, e -se ve ne furono- contro quali pregiudizi e/o censure sia stata via via acquisita, dal 1945 ad oggi, piena conoscenza delle diverse circostanze, azioni e intenzioni della vicenda Gramsci (con l’avvertenza che in generale e per quanto possibile crediamo sia comunque corretto svolgere lo studio biografico anche ignorando la storia della stessa storiografia, e agiografia, gramsciana.)

Mentre ancora oggi manca una biografia scientifica di Gramsci che sia di riferimento, sono numerosi gli studi dedicati a episodi, momenti o temi particolari. Per quanto possibile (ma per noi questo è un progetto futuro) cercheremo di indicare i riferimenti al meglio della letteratura storiografica. Per i primi anni di vita, indichiamo solo brevissimi cenni.

  • 22 gennaio 1991, nascita di Antonio Gramsci. Antonio Gramsci nasce ad Ales (Cagliari, ora Oristano), da Francesco, impiegato presso l’ufficio del registro di Ghilarza, e da Giuseppina Marcias, quarto di sette figli (Gennaro, Grazietta, Emma, Antonio, Mario, Teresina, Carlo).

  • 1991 - 1911 Infanzia e gioventù; 1911 - 1915 Studi universitari. Abbastanza note sono le vicende della formazione umane e intellettuale di G., e di quanto i primi anni di vita furono condizionati dall'arresto e condanna del padre, nel 1898 (ma non ho trovato notizie certe sul processo al padre, non so se le carte siano mai state recuperate o se abbia scontato tutti i cinque anni della condanna). Con la vittoria della borsa di studio del collegio Carlo Alberto di Torino per gli studenti disagiati delle vecchie province del Regno di Sardegna, si può fissare la conclusione del periodo giovanile. G. si iscriverà alla Facoltà di Lettere per Filologia moderna dell’Università di Torino. Nonostante la stima mostrata verso di lui da diversi docenti, interrompe gli studi, definitivamente nel 1915, per dedicarsi alla politica (e al giornalismo politico).

  • 1914 - 1921 Dalla militanza socialista alla fondazione del PcdI. Questi sono gli anni della piena esplosione della vocazione militante e politica di G., con incarichi via via più significativi nel socialismo torinese, fino alla partecipazione alla costituzione del PCdI. Le sue prime collaborazioni giornalistiche su la stampa socialista torinese, il Grido del popolo e la redazione locale de l'Avanti, sono del 1915. Chiaro e netto il suo entusiasmo per la rivoluzione russa e del ruolo di Lenin e del bolscevismo. Come molto noto, gli anni del primo dopoguerra sono quelli dell'esperienza dell'Ordine Nuovo, fondato a Torino il 1° maggio 1919 da  G., con Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti, edito prima come periodico di 'cultura socialista', poi come organo del movimento dei consigli di fabbrica e della occupazione della fabbriche del 1919, infine come quotidiano del Partito comunista. A maggio 1920, partecipa a Firenze, in qualità di osservatore, alla riunione della frazione comunista astensionista di Bordiga, nel novembre seguente prende parte al convegno di Imola dove si costituisce ufficialmente la frazione comunista del Psi. Infine partecipa alla fondazione del PCdI, nel 1921, eletto uno dei quindici membri del Comitato Centrale (ma non è membro del Comitato esecutivo). Ovviamente queste sono gli anni fondamentali della formazione e della affermazione di G. come dirigente politico, i cui snodi sono meritevoli di una attenta analisi, e su cui comunque esiste una amplissima letteratura.

  • Giugno 1922 - Novembre 1922: Viaggio in URSS, divergenze I.C. vs. PCdI. G. viene nominato rappresentante del PCdI presso l'Esecutivo della I.C, e in giugno 1922 arriva a Mosca. I primi sei mesi del sua permanenza risultano particolarmente significativi, sia sul lato personale (ricovero in sanatorio Serebrjanij bor, ove conosce le sorelle Schucht, Eugenia e poi la futura compagna Giulia), sia su quello politico (nomina quale 'difensore politico' nel processo -farsa?- contro i Socialisti Rivoluzionari, invito a intervenire dalla tribuna della XII conferenza del PCR(b), Stalin neo Segretario generale, e partecipazione al IV Congresso della I.C., che si tenne a novembre del 1922). Per il PCdI, e Gramsci, sono i mesi della controversa richiesta dell’I.C. al PCdI di fusione con la componente massimalista del PSI (Serrati), a cui inizialmente si oppone tutto il gruppo fondatore del PCdI, e pure G.. Nell'ambito di queste discussioni, il 25 ottobre 1922, G. incontrò Lenin, uno degli incontri che Lenin ebbe con i rappresentanti delle tre posizioni presenti nel PCdI (gli altri furono gli incontri con Bombacci e Graziadei (destra) e con la delegazione italiana guidata da Bordiga (sinistra), G. assume quindi già il ruolo di dirigente della componente centrista.). La ricostruzione più accurata dei movimenti di G. in Russia si deve a Maria Luisa Righi, vedi il suo «"Sulle rive dell'ampia Moscova" Gramsci nella Russia di Lenin», in Gramsci nel movimento comunista internazionale, a cura di Paolo Capuzzo e Silvio Pons, Carocci Editore, Roma, 2019, pag.133-156, con ricchi riferimenti alle fonti disponibili e gli studi precedenti.

  • Maggio 1923 - Giugno 1923: Cambio di maggioranza nel CE del PCdI, su pressione della I.C.. In occasione del III esecutivo allargato dell’I.C., nel giugno 1923, G. si associa alle posizioni della dirigenza della I.C. contro Bordiga e acconsente  alla nomina di un CE del PCdI più allineato. La discussione interna al PCdI su come reagire alle pressioni dell’I.C. fu ampia e articolata, e le posizioni dei principali protagonisti - Gramsci e Bordiga, ma anche Fortichiari, Grieco, Scoccimarro, Tasca, Terracini, Togliatti e forse altri-, furono tutte in evoluzione, come si evince dell'ampia documentazione (verbali e lettere) disponibile. È utile ricordare che ancora alla successiva I Conferenza organizzativa del PCdI, tenuta a Como nel maggio 1924, a prevalere furono ancora le tesi di Bordiga, e solo nel successivo congresso di Lione, nel gennaio 1926, prevalgono quelle di cui si fece portatore G.. Oltre al merito delle questioni intorno a cui ruotò realmente la divisione, e di chi si schierò con chi, e quando esattamente, per la biografia di G. si deve considerare che è rispetto a questa lunga discussione che si devono essere sviluppati i suoi rapporti anche personali con almeno alcuni dei dirigenti dell'I.C. e del PCR(b), e le reciproche opinioni, loro di G. e di G. su di loro; legami e opinioni che devono aver guidato anche le reciproche aspettative negli anni della prigionia.

  • NOTA. Le personalità della I.C. e del PCR(b) con cui si ha evidenza che G. entrò in contatto nel biennio 1922-1923 sono almeno quelle di Rákosi, Humbert-Droz, Manuilskij,  Lunačarskij, Zinoviev, Trockij, Lenin (nell'incontro sopra ricordato), forse Bucharin, forse Stalin stesso. Sarebbe ovviamente interessante individuare documenti da cui trarre informazioni su cosa ciascuno di quei dirigenti possa aver pensato di G. (alcune sparse informazioni al riguardo in diversi degli articoli del volume sopra ricordato a cura di Capuzzo e Pons).  Manca inoltre uno studio su i rapporti tra il PCdI e Manuilskij (Pellicano), che come noto seguì e 'disciplinò' il PCdI dal 1923, quando fu in Italia per una missione sulla possibile fusione, fino almeno agli anni della seconda guerra mondiale ('disciplinò' ma forse anche protesse a suo modo, vedi in particolare il ricordo di Togliatti, nel suo «La formazione del gruppo dirigente del partito comunista italiano», Editori Riuniti, 1962, Roma, pag.71, per cui a Manuilskij fu dato il soprannome di Pellicano, "l'uccello che ferisce sé stesso per nutrire i suoi" per aver subito delle critiche a Mosca per aver difeso i comunisti italiani).

  • Novembre 1923 - Aprile 1924: Incarico a Vienna. Gramsci si trasferisce a Vienna, da dove di fatto agisce per riuscire a cambiare definitivamente maggioranza nella direzione del Partito. Da capire la rete di contatti che riesce a creare, e l'opinione che si ha di lui, e di come svolge il suo incarico, nei vertici dell'IC (e del PCUS).

  • Aprile 1924 - Novembre 1926: Elezioni politiche del 1924 e ruolo di Deputato. Il PCdI elegge 19 Deputati, tra cui G.. Da capire meglio se e come G. - da Vienna - agì per la composizione delle liste, chi e perché risultò eletto (il gruppo degli eletti), e le linee di azione del gruppo parlamentare nei successivi due anni e il ruolo di G. in esso.

  • Maggio 1924 - Gennaio 1926. Dalla Conferenza clandestina di Como al Congresso clandestino di Lione. Alla confernza di Como la maggioranza è ancora con Bordiga, a Lione Gramsci vince la maggioranza. Come, quando, per quali ragioni, con quali aiuti G., grazie a quali circostanze (quelle certo ovvie del precipitare della situazione italiana, altre forse da capire meglio), con quali costi politici, G. ci sia riuscito sono le domande ovvie da porsi.

  • Ottobre 1926: Scambio epistolare tra Gramsci e Togliatti sulle questioni russe. Lo scambio avviene nel contesto di una ampio scambio tra la Segreteria del PCdI, in Italia, e Togliatti, a Mosca, che dura per tutto il 1926. Il lento emergere di questa corrispondenza, con le prime indiscrezioni in articoli di Leonetti e di Tasca degli anni '30, e poi  via via con maggiore completezza dopo il 1964, è stata una delle vexata quaestio della biografia di G. Gran parte dei documenti estistenti sono stati infine pubblicati, con ottimo apparato, nel  volume Gramsci a Roma, Togliatti a Mosca, a cura a cura di Chiara Daniele, con un saggio di Giuseppe Vacca (Gli Struzzi, 505),  Einaudi, 1999, Torino.

  • NOTA. I punti precedenti suggeriscono in effetti una domanda biograficamente principale: quanto, come, con quale precisa scansione, con quanto successo e sopratutto con quale consapevolezza del suo stesso ruolo e dei prezzi politici da pagare G. acquisì, elaborò e accettò la richieste sovietiche sulla «questione italiana», e se - dalle discussioni del 1922 con Zinoviev allo scambio epistolare del 1926 con Togliatti - egli perseguì una stessa strategia, e nel caso quale esattamente;

  • NOTA. Rispetto alla storia della storiografia di quei dissidi e della 'formazione del gruppo dirigente’' del PCdI, ricordiamo che quella storia fu (ri-)aperta, nel 1960, da una articolata -e allo stesso tempo  selettiva- ricostruzione documentale da parte di Togliatti stesso (per il terzo Annale Feltrinelli, poi in edizione separata: Palmiro Togliatti, «La formazione del gruppo dirigente del partito comunista italiano», Editori Riuniti, 1962, Roma), e potrebbe ancora risultare utile - tutti o quasi i documenti oggi credo disponibili e pubblicati - capire come, e nella lotta di quale partita politica del 1960, Togliatti inquadrò allora la questione, e con quali e quante forzature (se ne compì).

  • NOTA. E ovviamente, questi dal ritorno in Italia al giorno dell'arresto, sono gli anni in Italia della definitiva presa di potere del fascismo, e tutta la biografia di G. deve essere ricostruita anche considerando come e quanto G. fu consapevole di come gli eventi si stavano sviluppando e verso quale esito stavano andando, quale la sua lettura del fascismo, come agli eventi reagì, quali meriti e responsabilità gli si possono attribuire.

  • Novembre 1926: Circostanze dell’arresto e del mancato espatrio. Sostenere che G. - dopo l'attentato Zamboni a Mussolini e la pubblica volontà fascista di far decadere i deputati aventiniani - non si sia reso conto del pericolo di un arresto, e abbia considerato sicura l’immunità parlamentare, appare non plausibile, anche se si volesse considerare che la decadenza dei Deputati aventiniani non comprendeva inizialmente i Deputati comunisti e che la decisione di arrestarli fu forse presa da Mussolini nel corso degli eventi. Qualcosa rallentò il mettersi in sicurezza di G.? Fu un errore di valutazione di G. stesso? Sarebbe utile capire quale fosse, in quello scorcio di tempo, la consistenza dell’apparato riservato/illegale (e di autotutela) del PCdI, valutando se e come G. ne avesse ottenuto il pieno controllo, o se la sua funzionalità avesse risentito della sostanziale rottura con la Sinistra di Bordiga e Fortichiari (quest’ultimo responsabile dell’apparato riservato dal 1921 e credo fino a poco prima, forse fino al Congresso di Lione).

  • Novembre 1926 - Aprile 1937. Gramsci e Mussolini. Il processo voluto da Mussolini contro il gruppo dirigente del PCdI fu sicuramente politico, e la dura sentenza politicamente voluta come atto di forza del fascismo vittorioso. La detenzione fu dura per G. come per gli altri detenuti politici, e non vi sono elementi per indurre che l’amnistia del decennale (1932) sia stata formulata per agevolare G., semmai la formulazione fu tale da evitare un provvedimento di libertà a suo favore. Quello che credo si possa affermare è che, dopo i primi anni, il regime non considerò più G. una preoccupazione, forse lo considerò isolato, e in gran parte ne gestì la detenzione seguendo gli iter burocratici previsti dal quadro normativo, pur se ab origine di carattere eccezionale e repressivo. Per gli ultimi anni, stante lo status particolare della clinica Cusumano, si tratta di capire esattamente il significato -anche per il regime fascista- del trasferimento di Gramsci a Formia.  Rispetto alla tanta discussa questione delle possibili trattative Italia-URSS per uno scambio, non sono di fatto emersi elementi per poter ipotizzare che Mussolini -dal cui tavolo sicuramente sarebbe dovuta passare ogni decisione al riguardo- ne abbia mai preso in considerazione convenienza o possibilità. Sicuramente la situazione di G. fu seguita dall'Ambasciata sovietica a Roma, e direi in modo del tutto particolare rispetto ad altri detenuti comunisti, e questo fu sicuramente noto e preso in considerazione dal regime fascista. Sono documentati alcuni contatti diretti del fratello Carlo con Guido Leto, responsabile apicale ed eminenza grigia della polizia politica fascista, e nel complesso deve esserci stato una attenzione particolare verso le condizioni di detenzione di G., che meriterebbe studiare forse ricercando ancora meglio in archivi italiani e sovietici (qualche osservazione al riguardo nel mio articolo in Gramsci, Bordiga, Cusumano con rinvio alla bibliografia). Non abbiamo evidenze che il regime fascista si sia incuriosito ai Quaderni, che avrebbe potuto facilmente fotografare e/o sequestrare, e quindi sembra che li considerò non politicamente rilevanti. È probabile che il regime abbia considerato la cattiva pubblicità di un eventuale decesso in carcere, e si sia premunito di evitarlo acconsentendo ai successivi trasferimenti in luoghi di cura.

  • Novembre 1926 - Maggio 1937: Tania Schucht e Piero Sraffa. È ben noto che due furono le persone che si preseto cura di G. durante la prigionia: la cognata Tania Schucht e l’amico Piero Sraffa. Di nessuno dei due può essere messo in dubbio l’affetto profondo e sincero, evidente dalla corrispondenza, ma di ambedue si devono chiarire la rete di relazioni e di possibilità entro cui agirono. In quanto un ‘familiare’ (le autorità italiane non sembra chiesero mai prova del matrimonio di G. con Giulia Schucht, che in effetti non era mai stato formalmente contratto e tantomeno registrato in Italia), Tania ebbe la possibilità di visitare G. a Turi, e quindi di parlarci in relativa confidenza, con una discreta frequenza, e di fatto lo fece con costanza (ma anche qualche periodo di pausa per -fittizii?- malesseri). Come impiegata prima dell'Ufficio commerciale sovietico a Milano e poi dell'Ambasciata sovietica a Roma, Tania operò probabilmente nel rispetto di direttive e suggerimenti sovietici, pur mantenendo sempre un profilo di ‘familiare’, e la sua corrispondenza - e il timing delle sue stesse visite - devono essere letti anche considerando tale suo contesto di azione. Per Sraffa gli ambiti relazionali da considerare sono due: da una parte, in quanto nipote dell’allora presidente della Corte di Cassazione, lo zio acquisito Mariano D'Amelio, egli fu la persona che mediò la posizione di G. con gli apparati giudiziari e penitenziari italiani: è Sraffa che scrive quasi tutte le istanze per G. e si preoccupa di ottenere i benefici giudiziari possibili (inoltre l’avvocato di G. sarà del giro della famiglia Sraffa - non sembra che il PCdI di allora avesse una struttura di legali a sostegno dei militanti reclusi); dall’altra parte, come sodale anche ideale di G. fin da prima della scissione di Livorno - ma non sembra che Sraffa sia mai stato iscritto al PCdI -, egli è in contatto con il centro estero del PCdI a Parigi, e in alcuni momenti delicati sembra anche essere attivo un canale diretto con Togliatti, con cui si scrive eccezionalmente ma alla pari. Nel complesso si intravede un certo intersercarsi di due flussi informativi dall'Italia a Mosca e viceversa, uno sovietico via Ambasciata sovietica a Roma, l'altro del partito italiano via Sraffa e centro estero a Parigi. Una analisi attenta di tutta la documentazione pertinente (e sarebbe interessante trovarne inedita nelle carte dell’Ambasciata sovietica a Roma), tenuto conto della realtà, distinte, di tali canali, potrebbe aiutare a chiarire diverse circostanze, e a definire con maggiore precisione quali furono i reali ambiti dipossibile intervento dei due.

  • Marzo 1928 - Maggio 1928: Processo e condanna. Mentre il mandato di cattura è del Gennaio 1927, il rinvio a giudizio e il processo arrivano oltre un anno dopo, e a quel punto le cose si svolgono però molto velocemente. Da capire i motivi di tali tempi, prima di apparente attesa e poi piuttosto accellerati; e da capirli sia rispetto alle dinamiche di come il regime fascista pensò e riuscì a organizzare la repressione (formulazione degli obiettivi repressivi, modalità della costituzione Tribunale speciale, carattere volutamente politico della processo e della sentenza, ecc.), sia rispetto alle modalità, e capacità, del PCdI di parare il colpo. Notoriamente, durante l'istruttoria contro G. e gli altri vi furono sia un tentativo di parte sovietica, non effimero ma senza esito, di uno scambio di prigionieri, sia l’invio ai detenuti delle lettere a firma di Grieco di cui alla fine del 1932 G. scrisse esprimendo sospetti sulle loro reali intenzioni, dubbi che furono ripresi dopo la morte di G. dalle sorelle Schucht (ricordo comunque che a voce G. aveva  parlato con il fratello Gennaro già nel 1930, e questi aveva relazionato cautamente su ciò).

  • Febbraio 1929 - Marzo 1933: Scrittura dei Quaderni carcerari. Nel giro di circa 36/48 mesi al massimo, nelle dure condizioni della cella di Turi, sotto un regime di stretta sorveglianza, G. scrive il suo capolavoro. Intellettualmente I Quaderni evidenziano un salto rispetto alla sua produzione precedente: per quanto si possa considerare i suoi articoli come quelli di un brillante corsivista e opinionista cultural-politico, G. non sarebbe certo passato alla storia grazie a quelli. La tenacia e autodiscplina di studio che G. dimostra a Turi è sorprendente, e quindi in qualche modo una sfida per il biografo, non sembra infatti facile  spiegare come egli ci sia riuscito, anche considerando che le sue precedenti prove, per quanto significative, non facevano prevedere la capacità intellettuale che G. mostra a Turi. Ne I Quaderni G. mostra un metodo di lettura e studio, una ampiezza di conoscenze, e sopratutto una facilità e sicurezza di comprensione intuitiva del tutto particolare e fuori dalla norma. De I Quaderni si è studiato il contenuto, le numerose ascendenze, il carattere filosofico complessivo, la validità delle tesi e ovviamente le categorie che G. propone, alcune notoriamente divenute assai popolari, nonché il metodo di scrittura e se abbia impiegato strategie per non incappare nei rigori della censura; e poi anche la storia della pubblicazione e della ricezione, prima nazionale e poi internazionale,  e quella della maggiore o minore fortuna nelle diverse fasi e ambienti. Da un punto di vista più strettamente biografico, sorprende sopratutto il fatto stesso della loro scrittura, e di come riflessioni evidentemente da lungo meditate trovino il modo di fissarsi nella grafia piana e chiara di G., proprio a Turi, nonostante le durissime circostanze. E sempre dal punto biografico, e per quanto possibile senza entrare nei meriti teorici delle note de I Quaderni, le domande che nascono -non so quanto già sviscerate dagli studiosi- sono quellie circa motivi e le speranze di G. nel dedicarsi alla loro scrittura: li pensò in diretta prosecuzione della sua attività politica precedente, o piuttosto come cesura proprio da quella;  furono il frutto di una strategia soprattutto di sopravvivenza personale, oppure pensò così di mantenere e riaffermarsi nel ruolo di dirigente e ‘capo’?

  • 1930: Discussioni sulla «svolta». Sulla base di brevi e tarde testimonianze si è speculato su un dissidio a Turi, circa nel 1930, tra G. e gli altri detenuti comunisti, attribuendolo in parte al sostegno di G. della previsione, alla caduta del Fascismo, di una fase Costituente democratica (e non del governo di Soviet operai e contadini). Siccome questa polarità, in questi o simili termini,  è presente nelle discussioni di partito fin dal 1922-23, fu poi oggetto di una diatriba, discussa tra il 1927 e il 1929 anche nelle sedi internazionali della I.C., tra i giovani (Longo e Secchia) e i meno giovani (Grieco e Togliatti), ed è in qualche modo presente nelle discussioni che porteranno all’espulsione dei tre del 1930,  qualsiasi evidenza su quale potesse la posizione di G. al riguardo risulta interessante, dal punto biografico anche solo per capire quanto G. potesse e/o volesse seguire le discussioni interne del PCdI e della I.C., e nel caso se prese posizione e la comunicò alll’esterno.

  • Marzo 1933: Crisi psico-fisica. La crisi psico-fisica del 7 marzo 1933 viene anche a concludere il lungo tentativo, più di un anno, di ottenere per G. - e vincendone infine pure le sue stesse resistenze - lo status di persona bisognosa di assistenza e cure incompatibili con il regime carcerario, da cui verrà poi la concessione del trasferimento alla clinica Cusumano a Formia. Si tratta forse della svolta principale della detenzione di G. (e oserei dire: della vera trattativa che si ebbe a favore di G.), su cui vedi il post.

  • 1932 - 1935: Campagne internazionali per la liberazione di Gramsci. Opuscolo Rolland. I due disastri imputati da Sraffa. In due ricchi saggi Claudio Natoli ha cercato di ricostruire tempi (e ritardi), modi, persone ed effetti delle campagne internazionali per la liberazione di G., vedi Claudio Natoli, «Gramsci in carcere: Le campagne per la liberazione, il partito, l'Internazionale (1932-1933)», Studi Storici, Anno 36, No. 2 (Apr-Giu 1995), pp. 295-352; e Claudio Natoli, «Le campagne per la liberazione di Gramsci, il Pcd'I e l'Internazionale (1934)», Studi Storici, Anno 40, No. 1 (Gen-Mar 1999), pp. 77-156. Nel contesto di quelle campagna a Romain Rolland fu chiesto di scrivere un breve opuscolo, vedi  Romain Rolland, «Antonio Gramsci. Ceux Qui Meurent dans les Prisons de Mussolini» , s.l.: s.n. [Paris, Imprimerie Central], 1934; allora tradotto anche in italiano Romain Rolland, «Quelli che muoiono nelle prigioni di Mussolini: Antonio Gramsci», Sezione italiana del Soccorso rosso internazionale, s.d. [1934]. Durante la campagna, due episodi furono considerati da Sraffa -in una lettera a Spriano del 1969- dei 'disastri' che resero la vicenda di G. più complicata di quanto forse sarebbe potuto essere. I due episodi sono  la divulgazione, nella stampa di partito in Francia,  del referto Arcangeli nella  primavera del 1933 e  nel dicembre 1934 (ma questa identificazione è controversa) del provvedimento di concessione della libertà condizionale ottenuta un paio di mesi prima,  episodi forse ancora da chiarire in tutti i loro retroscena e responsabilità. (Qualche osservazione più documentata in  Gramsci, Bordiga, Cusumano). Non è del tutto chiaro quanto G. conobbe e apprezzò la solidarietà internazionale, come ne interpretò le modalità, e nemmeno se lesse il testo di Rolland (non trovo che Tania lo ricordi nelle sue lettere a Sraffa o alle sorelle, e non so se ve ne sia copia negli archivi del PCdI al Comintern. Si sa che Rolland lo scrisse su richiesta di Germanetto, da Mosca). Da una attenta analisi di tutta la documentazione, e dei precisi tempi delle varie iniziative, si dovrebbe capire quanto le campagne internazionali abbiano aiutato nel concreto le condizioni di detenzione di G..

  • Gennaio 1935 - Agosto 1936: Processi e fucilazione a Zinoviev e altri. Quale conoscenza, comprensione e valutazione ebbe G. della fase iniziale del Grante Terrore stalinista, dai primi arresti dopo l'assassinio di Kirov - tra cui alcuni italiani che G. sicuramente conosceva - fino almeno al processo, condanna e immediata fucilazione a Zinoviev, Kamanev e alcuni altri? Spriano raccolse da Sraffa alcuni, pochi ricordi di conversazioni con G. sul tema, e forse qualche commento si può leggere tra le righe de I Quaderni. Sarebbe interessante scoprire qualche documento sovietico da cui indurre se qualche dirigente sovietico si espresse sulla possibili opinioni di G., e sarebbe importante capire se, per i contatti avuti dal 1922 al 1926, egli potesse essere stato considerato allora `uomo di Zinoviev', e come tale sospettabile, nel 1934-1936, di poterlo esserlo ancora.  Il sostanziale silenzio di G. si può intepretare secondo diverse letture (non necessariamente alternative tra di loro): attenersi al silenzio su qualsiasi questione politica, per evitare il più possibile di attirarsi le attenzioni del regime fascista, e in particolare per evitare che qualsiasi espressione critica sull'URSS potesse essere presa come 'ravvedimento' a favore del fascimo (questa fu probabilmente una ragione del silenzio di Bordiga durante il ventennio fascista, e non è da escludere che fosse un comportamento scontato per tutti i dirigenti del PCdI della prima generazione, indipendentemente dalle profonde divergenze che avevano avuto sulle questioni russe); timore -di altro segno- di incrinare i propri rapporti con l'Ambasciata di Mosca a Roma e/o di mettere in difficoltà la moglie e i figli a Mosca; difficoltà oggettiva a comprendere cosa stesse veramente accadendo a Mosca e forse una sottovalutazione di quel che stava accadendo, dovuta a una fiducia di fondo sulla realtà sovietica. 

  • Agosto 1935: Trasferimento da Formia alla Quisisana di Roma. Le motivazioni del trasferimento da Formia a Roma possono essere individuate nell'esigenza di avvicinarsi all'assistenza di Tania e dalla speranza di trovare una maggiore competenza medica in Roma,  e forse dalla volontà di allontanarsi da un luogo che era di fatto una struttura di servizio per l’amministrazione penitenziaria del regime. Non è però del tutto scontato che G. avesse solo ragioni mediche per allontanarsi da Formia, stante la strana e inopportuna denuncia della frequentazione tra Bordiga e Cusumano sulla stampa comunista all’estero. Su questo leggi Gramsci, Bordiga, Cusumano.

  • Aprile 1937 - Maggio 1937: Decisione sul destino delle carte di G.. Nel tempo è emersa documentazione varia, sia sull'invio della carte di G. a Mosca, sia - a Mosca - sul passaggio delle carte dalla famiglia Schucht all'archivio della I.C.. La corrispondenza tra Sraffa e il centro estero del PCdI, inclusa una precisa (o perentoria?) richiesta di Togliatti, indica che ci deve essere stato il timore che le carte rimanessero in Italia (o che finissero in Inghilterra?). Si deve notare che Sraffa si premunì di recuperare le sue lettere a Tania, che infatti sono poi tornate a Roma da Cambridge per una tarda donazione di Sraffa stesso negli anni ‘70 del secolo scorso (solo l’ultima lettera di Sraffa, quella sulla questione successoria, deve essere rimasta nelle mani di Tania in quanto ricevuta dopo il loro ultimo incontro di persona, ed è ora negli archivi di Mosca). Appare plausibile pensare che nella stessa occasione Sraffa abbia avuto modo di sfogliare I Quaderni (almeno che Tania non li avesse già consegnati in Ambasciata), e ci può domandare perché non abbia provveduto a farsene almeno una copia fotografica. In effetti vi sono evidenze epistolari che Tania cercò di convincere Sraffa di prendersi la cura dei quaderni, e che questi rifiutò su richiesta di Togliatti, per i riferimenti vedi l'appendice di  Gramsci, Bordiga, Cusumano. Per la decisione all’I.C. di acquisire il fondo, - che io avrei considerato scontata, ma che apparentemente non lo fu - essa si interseca alle accuse delle sorelle Schucht che G. fosse stato in qualche modo tradito, quando le sorelle ripresero le insinuazioni che lo stesso G. aveva incominciato a rendere pubbliche alla fine del 1932 sulla lettera ricevuta da Grieco. Su l’episodio delle accuse delle sorelle Schucht la documentazione è stata studiata in Silvio Pons, «L’ "affare Gramsci-Togliatti" a Mosca (1928-1941)», in Studi Storici, anno 45, n.1, pag.83-117, a cui rinviamo, che però pubblica solo brevi stralci dei documenti rilevanti, e non è da considerare una disamina definitiva della questione.

  • Sulla famiglia Gramsci. Per quanto infine riguarda la famiglia di origine di G., non sembra che essa abbia avuto risorse materiali e culturali per avere un ruolo indipendente nella situazione del fratello Antonio. Carlo Gramsci è di fatto aiutato da Sraffa, e mi sembra che ne segua sempre, o quasi, i consigli. Come già detto sopra, dalle carte di polizia risulta che Carlo incontrò -al momento della richiesta del trasferimento dalla casa di cura a Formia- almeno un paio di volte Guido Leto, come già detto eminenza grigia della polizia politica del regime. Purtroppo non sembra che su questi o altri frangenti della situazione carceraria del fratello Carlo abbia lasciato un qualche memoriale. Che Tatiana sia riuscita a non far trapelare a G. la notizia del decesso della madre per quasi quattro anni, conferma pure la particolarità dei rapporti con la famiglia di origine. Non del tutto chiarito, io credo, il perché i fratelli Gennaro e Mario, che pur si attivano quando richiesto dal fratello e lo visitano in carcere (Mario a Milano, Gennaro a Turi, visita quest'ultima dagli esiti controversi), eventualmente si allontanarono dal detenuto (Gennaro da tutta la famiglia), e nemmeno hanno lasciato alcun commento o ricordo.

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