Note di biografia gramsciana, e sulle vittime italiane delle epurazioni staliniane
Trovo on line il seguente albero genealogico della famiglia Gramsci. Mi riprometto di controllarne la correttezza e di completarlo. Intanto una prima correzione, il nipote Antonio Jr., figlio di Giuliano, è nato nel 1965 (non nel 1981) dalla seconda moglie di Giuliano, Zinaida Brykova. Le origini dalla città albanese di Gramsch, di cui era convinta la famiglia Gramsci stessa e che Gramsci ricorda in una sua lettera, sono smentite da una recente e piuttosto abile ricerca di archivio di Giuseppe Carlo Siciliano. Di tale ricerca, pubblicata su un numero della rivista Calabria di cui per ora non sono riuscito a reperire copia, si legge una buona sintesi nel numero 9, del marzo 1999, della International Gramsci Society Newsletter (copia locale, trascrizione qui sotto), a firma di Guido Liguori.
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Nuove notizie sulla famiglia paterna di Gramsci
Guido Liguori
(da IGS Newsletter, n.9, 1999, pag. 40-41)
Nel fascicolo datato "gennaio 1998" della rivista "Calabria", Giuseppe Carlo Siciliano, studioso di storia e presidente della Lega italiana della minoranza albanese, riferisce i risultati di una interessante ricerca sulle origini della famiglia di Gramsci.
La ricerca sulla presenza dei Gramsci in Italia (originata da una visita nella città di Gramsch, in Albania, a sud-est di Tirana) è partita dall'esame di 37.000 atti di morte nel periodo compreso tra il 1808 e il 1825, svolto presso l'Archivio di Stato di Cosenza, in Calabria, regione nella quale, come in altre dell'Italia meridionale, vivono numerose comunità di albanesi venute in Italia nel XVI secolo, per trovarvi riparo dalle invasioni turche. Siciliano appurò così che, nell'epoca considerata, il cognome Gramsci (con le varianti Gramisci e Gramesci) era presente in due paesi albrish (= albanesi) della regione: Plataci e Lungro.
Successivamente, l'autore ha rinvenuto due importanti atti notarili presso la sezione Castrovillari (cittadina della Calabria del Nord) dell'Archivio Notarile dell'Archivio di Stato di Cosenza. Nel primo, redatto a Plataci nel 1792, si legge: "...esso Don Nicola Gramsci, che fra gl'altri suoi beni, lasciatigli dal suo padre Gennaro Gramsci, possiede una vigna...". Nel secondo, lo stesso don Nicola fa atto di dote alla figlia Marianna, andata in sposa al tenente Gaetano Moreno. L'atto risulta redatto in Napoli il 27 aprile 1820 dal notaio Zeno e poi trascritto a Plataci dal notaio Bellusci.
Balza agli occhi il ricorrere di due nomi tipici della famiglia di Antonio Gramsci: Gennaro e Nicola, entrambi fratelli del Nostro. Nonché l'uso del "Don", che denoterebbe una famiglia originariamente certo non povera. E' inoltre confermato Plataci come paese originario della famiglia Gramsci in Italia.
La ricerca di Siciliano è continuata a Napoli, dove egli ha trovato presso l'Archivio militare borbonico un intero incartamento (mai aperto prima!) riguardanti le pratiche per la pensione di don Nicola. Dalle carte qui ritrovate l'autore apprende che Nicola è nato il 31 dicembre 1769, figlio di Gennao e di Domenica Blajotta. Che si è sposato (con la benestante "Maria Francesca Fabbricatore nativa della terra di Altamura, quale detta terra di Altimonti diocesi di Cassano"). Che dal matrimonio nacque a Plataci Gennaro (a cui viene dato il nome del nonno, come nella tradizione meridionale italiana). Don Nicola morì nel 1824 a Napoli.
Di Gennaro, Siciliano trova tracce documentarie in diverse città: avviato anch'egli alla carriera militare, prima è a Cosenza, poi a Gaeta, da dove viene inviato dai Borboni a difendere la città di Castrovillari durante i moti insurrezionali del 1848 (ai quali presero parte molti italo-albanesi).
Il nostro autore prosege la sua inchiesta storiografica a Gaeta. In un volume di atti mortuari, fortunosamente ritrovato, si legge: "...nel giorno Otto del corrente Giugno milleottocentosettantatre alle ore undici e mezzo pomeridiane è morto nella sua casa in Contrada Vescovado il Signor Cavaliere Gramsci Gennaro marito di Donna Teresa Gonzales, di anni sessantuno, maggiore a riposo di Gaeta, figlio di Nicola e Fabbricatore Maria". Chiosa Siciliano: "E' da sottolineare che Gennaro Gramsci aveva sposato una nobile, figlia di uno dei più noti principi del foro partenopeo, donna Teresa Gonzales".
E in un registro delle nascita della stessa cittadina campana è annotato: "L'anno milleottocentosessanta il dì sei marzo...(da) Donna Teresa Gonzales legittima moglie di don Gennaro Gramsci, di Gaeta di anni trenta domiciliata in Gaeta e dal Signor Don Gennaro Gramsci di anni cinquantadue di Professione Capitano di Gendarmeria domiciliato in Cosenza nasce il loro secondogenito. Donna teresa dichiara all'Ufficiale dello Stato Civile ... di dare al neonato il nome di Francesco, Alfonso, Erasmo, Giustino)".
È il padre di Antonio Gramsci. La sua famiglia non si trasferì dunque in Italia nel 1821, come egli pare credere, ma al tempo della prima, pacifica invasione degli albanesi, sotto l'incalzare dell'invasore turco, alcuni secoli orsono.
Antonio Gramsci era quarto di sette germani, il Mario a cui Massimo Lunardelli ha dedicato una interessante, veloce biografia era il quinto, di due anni più giovane di Antonio. Mario fu fascista, nel senso -ben illustrato nel racconto di Lunardelli- che da un certo punto in poi egli trovò impiego nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, l'istuzionalizzazione militare delle camicie nere come quarta forza militare, riservata agli iscritti al PNF. Con la Milizia Mario fu in Africa, tra nord dell'Etiopia ed Eritrea, e poi in guerra. Preso prigioniero, finì in un campo di prigionia in Australia; ammalotosi di tifo sulla nave che lo rimpatriava, morì a Varese poco dopo il rientro in Italia nel 1945, a 52 anni.
Il racconto di Lunardelli si snoda come racconto della sua stessa ricerca della documentazione per ricostruire la vicenda umana di Mario, tra il recupero del foglio matricolare e la scoperta di qualche copia della corrispondenza alla famiglia nel fascicolo personale conservato in Australia, nelle carte dell'amministrazione dei prigionieri di guerra italiani. Perse, purtroppo, sono le carte di famiglia. Sposo nel 1920 con Anita Emilia Maffei, Mario ebbe du figli, Gianfranco e Cesarina, senza ulteriori eredi diretti. Cesarina sembra abbia distrutto, forse in tarda età, la corrispondenza di famiglia, probabilmente come atto di protezione di una vicenda che sarà stata vissuta, e fatta vivere, con un certo imbarazzo. Per chi oggi cerca di ricostruire la vicenda di Antonio, e quindi dei fratelli Gramsci, in tutti i loro aspetti, è un ovvio disappunto e dispiacere. A chi nel tempo ha avuto la responsabilità delle carte di Antonio, mancò l'idea e la volontà di intercedere presso gli eredi di Mario, che contattati con il dovuto tatto e rispetto probabilmente si sarebbero convinti ad agire altrimenti.
La biografia di Lunardelli è interessante anche come esempio di storia di un italiano comune, che aderisce con una qualche naturalezza, ma apparentemente senza alcun enfasi ideologica, al Fascismo, ne riceve una quache beneficio sociale ed economico, e infine viene travolto dalla guerra, che -per quanto si legge nella breve corrispondenza ritrovata - mi sembra susciti in lui sopratutto stupore di come le cose siano andate. Interessanti, ma materiale per un altro libro, alcune note sulle divisioni tra i prigionieri italiani su come comportarsi nei confronti dei vincitori, e quanto rivendicare del Fascismo.
Un buon libro, utile, come sicuramente lo sarebbe uno -più impegnativo- sul fratello maggiore Gennaro, la cui vicenda umana e politica fu sicuramente più tormentata, e più intrecciata con quella del fratello Antonio, e di cui è sicuramente auspicabile intanto un ricerca documentaria che sia attenta e fiduciosa, senza ricerca di scoop sensazionalistici e senza neppure timori ormai del tutto obsoleti, come è questa di Lunardelli su Mario.
Massimo Lunardelli
Gramsci il fascista. Storia di Mario, il fratello di Antonio
Tra le righe libri (per conto di Andrea Giannasi editore)
184 p., ill. , Brossura
EAN: 9788832871401
2020, Lucca