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giovedì 11 marzo 2021 (revisione: 9 gennaio 2022 10:05:15)

Tatiana Schucht a Roma

Lattanzi alla ricerca d Tatiana Schucht

Eleonora Lattanzi, «Sulle traccie di Tatiana Schucht», in «Un nuovo Gramsci. Biografia, temi, interpretazioni», a cura di Gianni Francioni e Francesco Giasi, Viella - Libreria editrice, Roma, 2020.

Segnalo un utile, recente articolo di Eleonora Lattanzi su Tatiana Schucht, la cognata di Gramsci, e di Gramsci amorevole 'badante' durante i lunghi anni della prigionia. In particolare la Lattanzi, che di carte gramsciane se ne occupa da diversi anni (vedi nota), ha raccolto -tra diversi archivi e qualche frammento di testimonianza, comparso nel tempo, di chi la conobbe- sufficienti dati per ricostruire la vita di Tatiana Schucht a Roma. Risulta che Tatiana, trasferitasi in Italia con la famiglia nel 1908, dopo studi in Francia, vi rimase anche quando gli altri familiari, all'inizio della prima guerra mondiale, ritornarono in Russia. La Lattanzi delinea la rete di relazioni e i diversi elementi della vita a Roma della Schucht, tra tentativi di ulteriore studio universitario, attività di -diremmo oggi- volontariato, lavoretti di insegnamento e traduzione. Emerge che, per qualche motivo, la Schucht via via diradò di molto i contatti, anche solo epistolari, con i familiari, tant'è che dalla Russia le sorelle chiesero a Gramsci -che le aveva conosciute nel 1922, durante il suo primo viaggio in URSS- di rintracciarla e di informarle sulla condizioni della sorella, compito che Gramsci svolse quando potè (cioè nel breve periodo a Roma in cui fu protetto da immunità parlamentare) con l'aiuto di un funzionario dell'ambasciata sovietica a Roma, e che riuscì a portare termine nel febbraio 1925, e anche con particolare successo, che Tatiana -come le sorelle- risulta esser stata colpita nel profondo, e fin dal primo incontro, dalla personalità di Gramsci.

Per la biografia di Gramsci, è interessante sottolineare, io credo, che  solo dopo questi incontri  Tatiana riprese i contatti con gli ambienti sovietici in Italia, e ne fu poi aiutata: ebbe un impiego prima alla Rappresentanza commerciale di Milano, poi -negli anni in cui assistette Gramsci- all'Ambasciata sovietica a Roma (come traduttrice per la sicurezza NKVD, e -nell'ultimo periodo- per l'addetto militare, come racconta in una sua lettera del 1939 -da ritenere del tutto attendibile- scritta  al suo ritorno in URSS alle autorità sovietiche, lettera pubblicata in Italia alcuni anni fa nei volumetti di ricordi del nipote Antonio Gramsci Jr.).

Tra gli altri, il lavoro della Lattanzi mi chiarisce un elemento della vicenda Gramsci in carcere: nei primi anni a Roma, Tatiana aveva stretto rapporti di conoscenza (amicizia) con il professore Raffaele Bastianelli ("padre dell'oncologia italiana"), e fu evidentemente grazie a questa conoscenza che poi Tatiana riuscì ad avere l'interessamento dei medici Arcangeli e Puccinelli -del Bastianelli "collaboratori"- che redassero referti medici utili per migliorare le condizioni carcerarie di Gramsci; non furono quindi né il Partito, né il giro di Sraffa, né l'ambasciata sovietica a provvedere a questo non secondario aspetto della vicenda.

Nota. Si trova in rete il CV della Lattanzi, tra i cui titoli leggo: Dottorato di ricerca in scienze librarie e documentarie (XXIX ciclo). Dipartimento di scienze documentarie, linguistico filologiche, geografiche della Facoltà di Lettere, Università “La Sapienza” di Roma. Tesi dal titolo “L’Archivio Antonio Gramsci fra edizioni e recuperi” (Tutor Prof. Giovanni Paoloni - Co-tutor Prof.ssa Linda Giuva). Titolo conseguito con lode il 17 luglio 2017. Si rinvia al CV per i riferimenti agli articoli della Lattanzi sulle carte di Gramsci.

 

 

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La scheda biografica di Tatiana Schucht (Tat´jana Apollonovna Šucht), a cura di Rossana Platone,  dal sito Russi in Italia. La scheda sorvola sul ruolo esatto di Tatiana nei rapporti tra autorità sovietiche e Gramsci, e in particolare su gli anni 1931-1934, forse quelli più onerosi per Tatiana nel tenere le file della rete di rapporti intorno a Gramsci, nonché -sembra da alcune lettere- negli stessi rapporti con l'esasperato Gramsci. Rossana è la figlia di Felice Platone, militante e dirigente del partito comunista dalla ricchissima biografia, collaboratore di Gramsci nel periodo parlamentare 1924-1926, e poi  notoriamente curatore (con qualche censura) della prima edizione degli scritti di Gramsci per Einaudi.





Tat´jana Apollonovna Šucht


Samara, 1887, Frunze, 1943
 
Nasce a Samara, seconda dei sei figli di Apollon Aleksandrovič Šucht. La prima figlia, Nadja (Nadežda, Nadine) nasce nel 1885 a Samara, dove Apollon Aleksandrovič si era ritirato con la giovane moglie, perché la sua casa pietroburghese, luogo di ritrovo di giovani rivoluzionari, era diventata sospetta alla polizia. Qui, due anni più tardi, nasce Tat'jana; poi, durante la deportazione del padre a Tomsk in Siberia, nel 1889 Evgenija (Ženja). Seguono Anna (Asja), nata nel 1894 in Russia, probabilmente a Carskoe Selo, Julja (Ginevra 1896- Peredel'kino 1980), moglie di Antonio Gramsci, e Viktor (Ginevra 1899 -?).
Nel 1894 Apollon con la moglie Julja Grigor'evna e i figli si trasferisce in Svizzera, a Ginevra, poi intorno al 1903 a Montpellier. Qui Nadine completa i suoi studi musicali, si laurea in lettere, ma frequenta anche i corsi di scienze naturali; in seguito va a lavorare a Tiflis, dove si sposerà e avrà un figlio Oleg Leont'ev.
Il resto della famiglia lascia Montpellier per Roma nel 1909. Asja e Julja studiano violino al liceo musicale presso il Conservatorio di Roma. Vi si diplomano entrambe. Asja diventerà violinista concertista e nel 1915 sposerà Fedor Zabel. Evgenija frequenta l'Accademia di Belle Arti. Tat'jana si laurea in Scienze Naturali, poi si iscrive alla Facoltà di medicina, superando quasi tutti gli esami, ma senza laurearsi.
Entro la fine del 1916 i vari membri della famiglia tornano in Russia. Solo Tat'jana resta a Roma, insegna scienze all'Istituto privato Crandon, fa traduzioni, dà lezioni private di russo, in seguito lavora alla rappresentanza commerciale dell'URSS a Milano e successivamente alla Legazione sovietica di Roma.
Le notizie che si hanno sul soggiorno di Tat'jana in Italia sono quasi tutte legate alla figura di Gramsci. Questi aveva conosciuto la futura moglie, Julia, nel 1922 al sanatorio di Serebrjanyj Bor. Nel 1923 ha inizio la loro convivenza, alla fine dello stesso anno Gramsci lascia la Russia, ma non può rientrare in Italia per non essere arrestato dal regime fascista. Nell'agosto 1924 nasce a Mosca il primo figlio della coppia, Delio. Alla fine del ‘24 Gramsci, eletto deputato, può rientrare in Italia e si stabilisce a Roma.
Nel febbraio 1925 rintraccia Tat'jana, che aveva temporaneamente interrotto la corrispondenza con la famiglia e non sapeva di avere un cognato italiano e un nipotino. Gramsci e Tat'jana incominciano a frequentarsi regolarmente, abitano nello stesso quartiere, Tat'jana in via Como 15 presso il socialista rivoluzionario russo Isaak Šrejder.
Nell'autunno del 1925 Julia viene a Roma col bambino e la sorella Evgenija. Vivono da Tat'jana. Julia lavora all'ambasciata sovietica. Nel 1926 Apollon Aleksandrovič viene per breve tempo a far visita alle figlie in Italia. Nell'agosto del ‘26 Julia torna a Mosca dove, alla fine dello stesso mese, nasce Giuliano. Evgenija e Delio si trattengono ancora per qualche giorno in Italia, Tat'jana li raggiunge, vanno insieme a Venezia.
Quando Gramsci viene arrestato l'8 novembre 1926 e trasferito a Ustica, poi a Milano nel gennaio del 1927, Tat'jana trova lavoro alla rappresentanza commerciale sovietica (maggio 1927) e si trasferisce a Milano, dove abita in via Montebello 7, poi via Filippino Lippi, presso Moreno, e infine in via Plinio 34.
Sempre nel 1927 Tat'jana riesce a stabilire un contatto con il cognato nel carcere di San Vittore a Milano, ma si ammala gravemente e passa sei mesi all'ospedale. È di salute cagionevole e la sua situazione economica è quasi sempre assai modesta.
Nel 1928 Gramsci è trasferito a Roma per il processo, Tat'jana lo segue, poi torna a Milano. Nell'ottobre del 1928 incontra per la prima volta a Milano l'economista Piero Sraffa, amico di Gramsci che mantiene i collegamenti con il partito. Su richiesta della madre, Gramsci è trasferito a Turi di Bari nell'agosto del 1928. Tat'jana lo va a trovare quando può; nel ‘29 si trasferisce a Roma, lavora all'Ambasciata sovietica, all'inizio del 1930 va a Turi, si ammala, vi resta oltre sei mesi. Quando Gramsci, soprattutto per suo interessamento, viene trasferito nella clinica del dottor Cusumano di Formia, lo va a trovare ogni fine settimana.
Nel giugno del 1935 Gramsci è trasferito alla clinica Quisisana di Roma, Tat'jana è da lui ogni giorno. È lei che amministra il denaro mandato dal partito per pagare la retta delle cliniche, per migliorare, nei limiti del possibile, le condizioni di vita del detenuto. Spesso, con i suoi magri fondi personali, compra generi alimentari che gli sono graditi, medicinali, abiti caldi. Si preoccupa di fargli arrivare i libri che gli occorrono, talvolta scrive relazioni per il partito sul suo stato di salute e sulle sue condizioni di vita, lo assiste fino all'ultimo giorno, avverte il fratello Carlo quando la situazione si aggrava, è presente al momento della morte. Insieme con Carlo si occupa dei funerali, fa fare delle fotografie, un calco del volto e della mano di Gramsci, segue tutte le pratiche burocratiche successive.
Non deve stupire se una nota biografica di Tat'jana contiene più notizie su Gramsci che su di lei; lei stessa diceva di non saper vivere per sé, e senza dubbio gli ultimi dodici anni della sua vita sono stati consacrati a Gramsci. È Gramsci la ragione principale (non la sola) che la tiene per tanti anni lontana dalla Russia.
Rientrata in Russia nel 1938, dopo la morte di Gramsci (aprile 1937), muore nel 1943 a Frunze, dove la famiglia è evacuata per motivi bellici.

Bibliografia essenziale. La sconfinata bibliografia gramsciana contiene numerosissimi riferimenti a Tat'jana, nel ruolo di tramite tra Gramsci e il partito, direttamente o attraverso Sraffa, di collegamento tra Gramsci e la famiglia e di affettuosa amica del prigioniero, al quale offre un costante appoggio materiale e morale. L'unico libro dedicato essenzialmente a Tat'jana è:
A. Natoli, Antigone e il prigioniero, Roma, Editori Riuniti, 1990.
Su di lei si possono utilmente consultare:
A. Gramsci, Lettere dal carcere, a cura di A. Santucci, 2 voll. Roma, ed. l'Unità, 1988 (contiene le lettere a lei di Gramsci).
A. Gramsci, T. Schuscht, Lettere 1926-1935, a cura di A, Natoli e C. Daniele, Torino, Einaudi, 1997.
T. Schucht, Lettere ai familiari, Roma, Editori Riuniti, 1991 (contiene lettere di Tat'jana alla famiglia in Russia, e alla famiglia di Gramsci in Sardegna).
P. Sraffa, Lettere a Tatiana per Gramsci, introd. e cura di V. Gerratana, Roma, Editori Riuniti, 1991.
È in preparazione l'edizione nazionale delle Opere di A. Gramsci (sono usciti finora i primi due tomi).

Nota
Nelle fonti italiane bibliografiche e archivistiche si incontra come Tatiana Schucht.

Fonti archivistiche
Archivio della Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Tatiana Schucht.

Rossana Platone

mercoledì 10 marzo 2021 (revisione: 7 febbraio 2022 11:31:45)

Pons vs. Berlinguer, 1

Qualche pagina da Silvio Pons, «Berlinguer e la fine del Comunismo», Einaudi, Torino, 2006

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Primo post, introduttivo, di una breve serie con commenti alla monografia di Silvio Pons «Berlinguer e la fine del Comunismo», Einaudi, Torino, 2006, monografia dedicata a Enrico Berlinguer o -per essere più precisi- alla politica di collocazione internazionale del PCI promossa e perseguita da Berlinguer durante la sua segreteria, e alle ragioni del suo fallimento.

Silvio Pons, Firenze, 1955, studente di Giuliano Procacci, è oggi nei ruoli della Scuola Normale di Pisa, dopo aver svolto la maggior parte della sua carriera all'Università 'Tor Vergata' di Roma. Pons ha scritto estensivamente e intensivamente sulla storia del PCI, dell'URSS e del movimento comunista internazionale, ed è stato General Editor della Cambridge History of Communism, pubblicata nel 2017 da Cambridge University Press. I suoi testi sono in effetti i principali della storiografia del PCI degli ultimi 30 anni, e ineludibili per chiunque sia interessato in essa. Oggi Pons presiede la Fondazione Istituto Gramsci, dopo esserne stato per molti anni Direttore (dal 1999 al 2014), ed è quindi il principale conservatore della memoria storica del PCI, oltre che del lascito di Antonio Gramsci.

In «Berlinguer e la fine del Comunismo», la ricostruzione di Pons è piuttosto distruttiva della plausibilità complessiva della politica perseguita da Berlinguer (e quindi dal PCI), in particolare sia dei suoi presupposti circa la comprensione delle dinamiche e dei vincoli internazionali sia del profilo complessivo della critica al comunismo sovietico, e poi anche della errata comprensione delle possibili opzioni di corso politico che il PCI aveva negli anni tra il '68 e la fine dell'URSS (ma su questo Pons è meno esplicito, forse per il timore di esporsi in congetture su come sarebbe potuta andare). Un tale livello critico risulta particolarmente interessante per il ruolo che Pons, come detto, ha ricoperto e ricopre nel preservare la memoria (ufficiale? ma ufficiale di chi, oggi?) del PCI, e non è immediato quindi comprendere quale sia la sua posizione di fondo, il pulpito -se così si può dire- da cui sta scrivendo. Ma su questo forse alla fine della scrittura di questi post.

Come per per gli altri suoi lavori (per quanto abbia letto e possa giudicare), Pons si avvale anche in questo di una notevole ricerca di archivio, e le sue affermazioni sono quasi sempre accompagnate da riferimenti alle fonti originali, spesso inedite, e sempre pertinenti.

Rispetto a il riferimento alle fonti, personalmente soffro comunque l'assenza di un capitolo dedicato, con informazioni anche 'quantitative' di quante, oltre quali, ve ne siano a disposizione; tali informazione 'quantitative' aiuterebbe a capire meglio, da una parte, le diverse modalità secondo cui venne lasciata traccia di questo o quell'evento da coloro di cui si scrive (e quindi anche se vi furono circostanze poco documentate ma che ebbero invece un loro peso), e, dall'altra parte, quale siano i criteri  adottati per la selezione storiografica dei documenti. A difesa di Pons, tale assenza appare molto diffusa nelle monografie italiane di storia contemporanea e ascrivibile quindi a uno stile prevalenente di studio ed esposizione.

Riproduco qui l'indice di «Berlinguer e la fine del Comunismo», rinviando ai post in cui mi permetto qualche commento:

  • Introduzione  (vedi post)
  • Prologo. Né ortodossia, né eresia. L’impatto del ’68
  • I. l tempo della distensione e l’invenzione dell’eurocomunismo
    • Tra Bruxelles e Mosca: la strategia ambivalente.
    • «Compromesso storico» e comunismo occidentale.
    • Europa, NATO, URSS: il problema della legittimazione.
    • La «questione comunista» in Europa.
    • Distensione internazionale e comunismo europeo: l’impasse.
    • Identità e realismo.
  • II. l tramonto della distensione e la sconfitta dell’eurocomunismo
    • Tra solidarietà nazionale e vincolo bipolare.
    • La controffensiva di Mosca.
    • Tra Ostpolitik e Westpolitik: il problema delle alleanze.
    • La crisi della repubblica.
    • Potenzialità e limiti del conflitto con l’URSS.
    • La politica dell’identità.
  • III. L’eurocomunismo in un paese solo
    • Euromissili e isolamento.
    • Fuori dalla logica dei blocchi.
    • La crisi polacca.
    • La «diversità» nazionale e internazionale.
    • Lo «strappo» riluttante.  (vedi post)
    • La crisi del comunismo.
  • Epilogo. L’eredità di Berlinguer
    Elenco dei nomi, Il libro, L’autore, Dello stesso autore, Copyright

NOTA. Risulta precisa la presentazione commerciale del libro al sito web dell'editore Einuadi: "Per la prima volta uno storico italiano si misura con la figura ingombrante e impegnativa di Enrico Berlinguer. Ricostruendo l’evoluzione della politica internazionale come pilastro portante della sua strategia, il terreno sul quale si cimentò nell’impresa impossibile di riformare il comunismo. E seguendo cosí il filo rosso del suo disegno politico, dalla stagione del «compromesso storico» e dell’eurocomunismo fino a quella della «diversità», della «questione morale» e del pacifismo alla vigilia della morte. Silvio Pons conduce il lettore attraverso le vicende che videro l’ascesa e la sconfitta del PCI di Berlinguer, rivelandone aspetti sconosciuti e attingendo ad una ricchissima documentazione inedita, in un libro fondamentale per comprendere le radici ormai antiche di molte delle nostre attuali discussioni. La personalità e l’azione di Enrico Berlinguer devono essere comprese alla luce del suo tentativo di riformare il comunismo e al tempo stesso di presidiare i confini dell’identità comunista. Egli investí parte essenziale della propria politica nell’esigenza di fornire una risposta al declino del comunismo: a questo asse furono correlate le strategie da lui seguite nelle diverse fasi storiche. La sua ambizione fu di realizzare un nuovo modello di socialismo all’Ovest, in grado di cambiare la cultura politica e i regimi all’Est. Tuttavia egli non seppe riconoscere che l’idea di una riforma del comunismo rappresentava sempre piú un’illusione e che la crisi del comunismo sovietico metteva in discussione radicalmente anche la tradizione e l’identità del PCI. Fu questo decisivo fallimento a conferire a Berlinguer il carattere di una figura tragica. Rendendo politicamente debole e contraddittoria la sua eredità, inadeguata a fronteggiare la crisi dello stesso comunismo italiano." (enfasi aggiunta).

mercoledì 10 marzo 2021 (revisione: 7 febbraio 2022 11:31:59)

Pons vs. Berlinguer, 2

Qualche pagina da Silvio Pons, «Berlinguer e la fine del Comunismo», Einaudi, Torino, 2006


Le scansioni, con qualche passaggio evidenziato, dell'Introduzione di Silvio Pons, «Berlinguer e la fine del Comunismo», Einaudi, Torino, 2006. Il testo di Pons è per altro molto chiaro ed esplicito.


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